TENDINITI
Trauma da sforzi ripetitivi – i cosiddetti microtraumi
La tendinite ti ha messo K.O.? Leggi questo articolo per capire la natura del tuo problema e imparare le strategie per risolverlo definitivamente. Alla fine della lettura, saprai cosa devi fare, ma soprattutto cosa non devi fare per guarire dalla tendinite.
Cos’è un tendine?
Il tendine è la struttura di congiunzione tra il muscolo e l’osso. È l’elemento che permette di trasferire la forza generata dai muscoli alle leve ossee e quindi generare il movimento.
È composto da tessuto connettivo fibroso ed è una struttura molto resistente.
Quando viene sottoposto a forze di tensione in maniera continua e ripetuta, può andare incontro ad una degenerazione che comporta un’alterata geometria nella disposizione delle sue fibre.
Se immaginate un lenzuolo di cotone, capirete subito che la disposizione dei suoi fili è fondamentale per garantire la solida struttura del tessuto. Se anziché avere trama (orizzontale) e ordito (verticale), avessimo una disposizione casuale, il tessuto avrebbe una tenuta meccanica decisamente più debole e anche visivamente sarebbe meno liscio e più irregolare.
È questo ciò che succede al tuo tendine quando ti viene diagnosticata una tendinite, ovvero un’alterazione nella composizione chimica del tessuto connettivo che porta ad una irregolare disposizione delle sue fibre.
Questa disposizione disordinata diminuisce la resistenza del tendine e ti espone maggiormente al rischio di lesione, parziale o totale (rottura del tendine).
Spesso, però, la storia di questa malattia comincia molto prima dell’esordio dei sintomi. Non è raro, infatti, ritrovare segni di degenerazione tendinea in pazienti asintomatici. Come ho spigato in altri articoli (conoscere i meccanismi del dolore) il dolore e il danno sono fenomeni diversi, correlati solo in parte.
Tendinite = infiammazione del tendine (???)
Ho parlato di degenerazione e non di infiammazione proprio perché questo punto è il più controverso della questione. Tendinite non significa infiammazione del tendine o almeno non l’infiammazione cui siamo abituati.
L’infiammazione è una risposta immunitaria complessa, spesso violenta, che si è sviluppata nel nostro organismo per fronteggiare i traumi e soprattutto le infezioni. Consiste nel rilascio di sostanze (citochine) in grado di aumentare l’afflusso di sangue che serve a portare in sede di infezione i protagonisti dell’immunità, ovvero i globuli bianchi.
Tuttavia la tendinite è una degenerazione del tendine SENZA i classici segni istologici dell’infiammazione.
Il tendine, così come gli altri tessuti del corpo, è in continuo rimodellamento. Le sue cellule vengono sostituite completamente in intervalli di tempo più o meno lunghi.
Esiste un equilibrio tra i microtraumi del tendine e le sue capacità di rigenerazione. Quando questo equilibrio si rompe, incomincia il lento processo di degenerazione che contraddistingue le tendinopatie.
LE TERAPIE ANTINFIAMMATORIE
Il trattamento che normalmente viene ritenuto utile nelle tendiniti è invece espressamente mirato alla risoluzione dell’ipotetica infiammazione.
Nonostante non ci sia un meccanismo biologico plausibile per ritenere l’infiammazione colpevole delle tendiniti, la normale offerta terapeutica è espressamente antiinfiammatoria, nelle sue più svariate forme:
- FANS: farmaci anti infiammatori non steroidei (tipo ibuprofene, ketoprofene, ecc…)
- GHIACCIO
- INFILTRAZIONI DI CORTISONE
FANS
Gli effetti collaterali dei FANS sono noti da tempo e consistono in un aumento delle possibilità di attacco cardiaco e ictus. Inoltre sono farmaci che danneggiano il sistema gastro-intestinale se assunti per un lungo periodo.
Il loro meccanismo di azione è efficace (a volte) nel controllo del dolore, ma non per il loro effetto antiinfiammatorio. Quindi il loro uso potrebbe essere giustificato se assunti occasionalmente.
Di certo non aiutano la guarigione dei tendini, ma ci sono evidenze (1) che possano invece ritardare la guarigione tissutale.
Quindi non sono di certo la scelta terapeutica ottimale.
GHIACCIO
Il ghiaccio è un rimedio sempre disponibile, economico e tutto sommato innocuo; Il suo uso non è giustificato per la sua capacità antiinfiammatoria, ma potrebbe rivelarsi utile in alcuni momenti critici per gestire il dolore. Se pensi ti possa aiutare, non ho nulla in contrario, ma non aspettarti che il ghiaccio migliori le tue condizioni cliniche.
INFILTRAZIONI DI CORTISONE
Questo è il modo più rapido per danneggiare definitivamente il tuo tendine. Il sollievo a breve termine che ottieni in seguito ad un’infiltrazione di cortisone (molto in uso nelle problematiche di spalla), lo pagherai a caro prezzo nel lungo periodo. Il cortisone, infatti, è “corrosivo” per il tessuto connettivo, proprio quel tessuto già danneggiato che vorremmo aiutare a guarire.
L’uso di infiltrazioni di cortisone, quindi, non è assolutamente giustificato ed è altamente sconsigliato.
CONTROLLO MOTORIO
Ci sono terapisti, in particolare fisioterapisti, che vedono le tendiniti come il frutto di una biomeccanica alterata che modifica le forze in gioco e porta ad una serie di squilibri articolari e muscolari che fanno lavorare “male” il tendine e lo predispongono alla degenerazione.
Pur non essendo un sostenitore della vecchia visione biomeccanico-strutturale, non posso escludere che esistano delle piccoli/grandi alterazioni anatomiche o di movimento che possano contribuire al problema.
Ma sono sicuramente l’aspetto meno importante.
La tendinite è dovuta ad un’eccessiva sollecitazione, solitamente nei movimenti della vita quotidiana, in cui il carico in gioco è alquanto basso. Piccole alterazioni anatomiche non cambiamo di molto le forze in gioco, per cui la loro ricerca è del tutto ingiustificata.
A maggior ragione non è il caso di intraprendere complessi trattamenti di controllo neuromuscolare per modificare queste piccole e innocue alterazioni anatomiche.
Sottoporsi ad un percorso per “modificare” la postura è impegnativo dal punto di vista fisico, mentale e finanziario! Inoltre è una fatica che non porta al risultato sperato, visto che non ci sono evidenze in grado di dimostrare cambiamenti significativi (alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di ginnastica “coorrettiva”….).
Quindi le teorie biomeccaniche sono come al solito solo una parte del problema e, spesso, una parte molto poco rilevante.
CHI MANCA ALL’APPELLO?
Ora che abbiamo passato in rassegna la biochimica e la biomeccanica, possiamo occuparci del protagonista vero del problema, ovvero il sistema nervoso.
Non dobbiamo mai dimenticare che il cervello è il boss! È lui che decide se dovete provare dolore o meno. È lui che decide se aumentare o ridurre il vostro stato infiammatorio. È lui che decide se aumentare o diminuire il vostro metabolismo. È lui che decide tantissime altre cose.
Il problema è che le sue decisioni sono frutto di moltissimi fattori e che la valutazione finale può sovrastimare o sottostimare la necessità del suo intervento. Può quindi essere ingannato.
Possiamo tranquillamente affermare che un dolore persistente è mantenuto dal cervello in seguito ad una sua errata percezione di minaccia. Il cervello sente la preoccupazione, l’ansia e la paura così come sente la pressione del sangue, il movimento e le citochine infiammatorie. Se il cervello si sente sotto attacco, si mette in modalità protettiva:
- Dolore
- Diminuzione del movimento
- Aumento dei mediatori dell’infiammazione
Se questi adattamenti hanno un significato biologico nei traumi e nelle malattie acute, diventano veri e propri ostacoli quando parliamo di dolore persistente.
Quindi non possiamo trascurare lo stato psicologico ed emozionale di chi soffre di tendinite. È bene ricordare che non siamo macchine fatte di pulegge, carrucole e tiranti. L’impatto psicologico, ma anche quello sociale, giocano un ruolo di primo piano anche nelle tendiniti.
Prendendoti cura del tuo benessere psicologico ed emozionale, aiuterai il tuo sistema nervoso a diminuire la sua sensibilizzazione e migliorerai notevolmente di più di qualsiasi plantare o sistema di controllo motorio.
Pratica la meditazione. Mantieni un corretto bilanciamento tra lavoro e tempo libero. Respira. Allena il rilassamento. Migliora il tuo grado di consapevolezza.
Tutto questo avrà un impatto fortissimo ANCHE sul tuo tendine!
TRATTAMENTO
Non abbiamo ancora parlato del trattamento per eccellenza per le tendiniti. Un trattamento fondamentale e sottovalutato. Un segreto che pochi vi diranno. O ve lo diranno in mezzo ad una serie di “altri” consigli.
Stiamo parlando del riposo!
Non è facile mettere a riposo un tendine, soprattutto perché i tempi di guarigione di un tendine possono essere molto lunghi.
È quindi necessario pianificare il riposo in maniera dettagliata, andando ad elencare le attività possibili e quelle vietate.
È questo che deve fare il tuo fisioterapista. Spiegarti il problema e fornirti un programma di lungo periodo che ti permetta di gestire il carico tendineo suggerendoti alternative motivanti e in linea con i tuoi obiettivi.
Considera che servono due-tre settimane di riposo perché il tendine riprenda la sua attività riparativa e l’intero processo può richiedere fino a tre mesi. (2)
Quindi dimenticati i rimedi miracolosi e le terapie d’urto.
Cerca di capire qual è il problema (uso eccessivo) armati di santa pazienza e metti a riposo il tuo tendine.
Una certa dose di carico fa bene ai processi riparativi, ma è necessario che sia dosata in maniera precisa per evitare un eccesso che interferirebbe con la guarigione.
Conclusione
La tendnitie non è un’infiammazione convenzionale.
Ѐ il risultato di un altrazione nell’equilibrio tra carico di lavoro e meccanismi riparativi cellulari.
Le terapie antinfiammatorie non sono la scelta migliore che tu possa fare.
Metti il tendine a ripso, continua ad allenarti, prenditi cura del tuo benessere psico-affettivo e affidati ad un professionista qualificato che ti possa guidare in questo percorso.
Riferimenti
- Bittermann A, Gao S, Rezvani S, et al. Oral Ibuprofen Interferes with Cellular Healing Responses in a Murine Model of Achilles Tendinopathy. J Musculoskelet Disord Treat. 2018;4(2).
- Khan KM, Cook JL, Bonar F, Harcourt P, Astrom M. Histopathology of common tendinopathies. Update and implications for clinical management. Sports Med. 1999 Jun;27(6):393–408.