Via G. Puccini, 30C

73100 Lecce LE

+39 329 354 5008

+ 39 0832 243015

Lun - Ven 9.00 - 19.00

Domenica Chiuso

L’esercizio “sbagliato” esiste?

L’esercizio SBAGLIATO esiste?

Sono nato e cresciuto in palestra, e il mito dell’esercizio sbagliato mi ha accompagnato per molti anni. In alcuni periodi della mia vita, ho anche creduto esistesse davvero! Ma poi ho capito che la faccenda non era così semplice da poter essere racchiusa in due categorie: esercizi giusti ed esercizi sbagliati. Non è assolutamente corretto ragionare in questi termini e ora provo a spiegarti il perché.

Il carico di lavoro

Qualsiasi esercizio deve essere fatto con i giusti criteri, con la giusta “posologia” per fare l’esempio del farmaco. Occorre dosare il carico, le serie, le ripetizioni, il ritmo di esecuzione e l’ampiezza di movimento. Grazie all’enorme adattabilità del corpo umano, se rispetti questi criteri, potrai affrontare qualsiasi tipo di esercizio in tutta sicurezza.

Eseguire il cosiddetto “ponte cervicale” diventa un esercizio “sbagliato” se lo fai senza un adeguata preparazione. Il tuo collo deve avere le risorse per poter gestire quel carico. Ma quello che è troppo per una persona, è troppo poco per un’altra. I lottatori, infatti, utilizzano quotidianamente questi esercizi nel loro riscaldamento, senza complicazioni di nessun tipo.

Quindi l’unica cosa che puoi sbagliare è il carico, non il tipo di esercizio.

Per gestire in maniera intelligente le variabili dell’allenamento, fai affidamento ai professionisti del movimento, come i Laureati in Scienze motorie o i fisioterapisti.

Focus attentivo

Qualsiasi movimento deve essere eseguito nella maniera più naturale e rilassata possibile e per far questo devi usare bene i muscoli, ma anche la testa !

Se stai seguendo un percorso riabilitativo e la tua attenzione è rivolta a raggiungere un obiettivo (esterno), sarà meno focalizzata sulle parti del corpo dolenti (interno) e questo è un grandissimo vantaggio se siamo di fronte ad una problematica cronica.

Se soffri di dolore da molto tempo, infatti, il tuo movimento sarà sempre rigido perché il sistema nervoso è in modalità “protettiva”, ovvero con una quantità di tensione muscolare eccessiva dovuta alla paura del dolore.

In questo contesto risulta fondamentale cambiare prospettiva e spostare l’attenzione da quella parte del corpo che fin ora ti ha impedito di muoverti con naturalezza. Adottare un focus attentivo esterno è di grande aiuto quando si impara un movimento nuovo o quando si re-impara un movimento, come nelle prime fasi della riabilitazione.

Facciamo un esempio pratico per chiarire il concetto:

Per farti fare uno squat (accosciarsi sulle gambe), posso fornirti due tipi di indicazioni:

Focus interno: estendi la colonna vertebrale attivando la muscolatura della schiena, mantieni l’estensione lombare e fletti anca, ginocchio e caviglia muovendo il peso del tuo corpo indietro, verso il tallone.

Focus esterno: ti metto una sedia e ti chiedo di avvicinare il tuo bacino alla sedia e tornare su.

Capisci bene che questa seconda modalità, non solo è più semplice da comprendere, ma è anche più efficace nel raggiungimento del nostro obiettivo principale, ossia diminuire il dolore e favorire una migliore funzionalità.

Inoltre il focus interno sostiene l’idea di dover “controllare” il gesto tecnico e rinforza quella modalità di movimento che già di per se è rigida e iperprotettiva.

Un movimento corretto è un movimento naturale.

Ogni esercizio deve essere finalizzato ad un compito e quest’ultimo deve essere significativo, ovvero quanto più vicino al tipo di attività a cui vuoi ritornare. Per questo è necessario conoscere la tua storia per capire come orientare la riabilitazione in funzione dei tuoi interessi.

Fornire mille dettagli tecnici è del tutto controproducente, soprattutto nelle fasi di apprendimento di un nuovo esercizio. Ti porta solo confusione e frustrazione, perché quando impari un nuovo movimento non puoi riuscire a controllare troppe cose. Devi concentrarti su quelle principali. Man mano che prendi confidenza con l’esercizio, potrai raffinare la qualità del movimento e gestire qualche dettaglio tecnico in più.

Se sei un principiante e sopraggiunge un problema durante gli esercizi, difficilmente sarà un problema legato alla tecnica esecutiva, ma molto più probabilmente sarà dovuto ad un carico di lavoro inadeguato, spesso eccessivo per le tue possibilità.

Ambito Sportivo

Il discorso non cambia molto in ambito sportivo.

Quando ero all’Università di Scienze Motorie e Sport, durante una lezione di pallacanestro, il Professore ci spiegò la corretta “tecnica” per tirare a canestro. Dopo aggiunse “come ogni tecnica, però, deve essere finalizzata al risultato (il canestro). Se la vostra tecnica è diversa ma ugualmente o maggiormente efficace, continuate a usare quella”.

La tecnica è subordinata al risultato. Non è necessaria, ma utile ad una causa.

Per questo motivo occorre orientare l’allenamento all’obiettivo specifico e poi sperimentare diverse tecniche per raggiungere quel risultato. Non esiste UNA tecnica valida in assoluto.

Solitamente la tecnica “corretta” è tale finchè non viene messa in discussione dai risultati di un’altra tecnica.

Pensa al salto in alto. Fino al 1968 la tecnica per saltare era quella dello scavalcamento ventrale, ovvero si saltava a pancia in giù. Quella era la giusta tecnica fin quando Dick Fosbury non vinse la medaglia d’oro ai giochi olimpici di Città del Messico saltando con una “nuova” tecnica, ovvero a pancia in su.

Tanto che oggi si parla di “stile Fosbury” ed è attualmente l’unica tecnica utilizzata in questo Sport.

Non voglio dire che l’insegnamento tecnico non serve a niente, ma è necessario capire che esistono diverse tecniche perché esistono fisici diversi con obiettivi diversi. Per cui l’insegnamento tecnico deve chiaramente essere proporzionato al compito che stiamo per effettuare.

Se sei un sollevatore Olimpico e stai per tentare di battere il tuo record di “strappo e slancio” il tuo livello tecnico deve essere di alto grado.

Ma se sei la “signora Maria” che deve migliorare il suo livello di forza fisica per riuscire a fare le scale senza fatica, il livello tecnico non ha la stessa rilevanza.

La qualità tecnica deve essere proporzionale al carico e alla complessità del gesto tecnico che voglio affrontare.

Il discorso cambia se pratichi una disciplina la cui finalità è proprio la corretta tecnica d’esecuzione, ad esempio la danza, la ginnastica e alcuni tipi di arti marziali. In questo caso la tecnica è sia mezzo sia fine.

Conclusione

Se escludiamo gli sport “tecnici”, e rimaniamo focalizzati sulla salute e il benessere, non esiste un modo “corretto” di eseguire un esercizio. Se l’obiettivo di quell’esercizio è chiaro, troverai la giusta strategia motoria per raggiungerlo.

La tecnica si modificherà autonomamente con la ripetizione e l’acquisizione di nuove competenze nel gesto che stai allenando. Più ti alleni e più sarai in grado di sentire il tuo corpo per raggiungere nuovi obiettivi.

La “giusta” tecnica, insomma, non deve essere la tua prima preoccupazione, né tantomeno deve impedirti di provare nuovi movimenti e sperimentare nuovi esercizi nel timore di non conoscerne tutti i segreti.

L’organizzazione mondiale della sanità ha stabilito le linee guida sui livelli minimi di attività fisica raccomandata. Per la popolazione adulta (18-64 anni) è necessario:

  • 150 minuti a settimana di attività cardiovascolare di moderata intensità oppure 75 minuti a settimana di attività vigorosa.
  • 2 o più sessioni a settimana di attività legate alla forza muscolare

Se sei sedentario e c’è una cosa di cui ti dovresti preoccupare è quella di raggiungere questi obiettivi MINIMI. Scegli un attività che ti appassiona e portala avanti con gradualità e costanza. E se non ti senti a tuo agio, consulta un professionista qualificato.

Sei pronto?